L'attuale chiesa di San Vigilio
La Chiesa
parrocchiale di San Vigilio di Stenico è stata riedificata nella seconda metà
del secolo sedicesimo, su iniziativa dei due Sindaci della Chiesa Luigi Parisi
e Francesco Corradi. La popolazione del Paese di Stenico agli inizi del secolo
era notevolmente aumentata fino a raggiungere le seicento anime ed il vecchio
edificio non aveva sufficiente capienza per contenerla. È documentato che in
quel periodo vivevano in paese circa cento famiglie della vicinia. Vi dimoravano
altresì molte famiglie forestiere, alcune venute in paese per ricoprire i
vari incarichi legati alle attività svolte nel Castello, ed altre, quali
braccianti, domestici ed artigiani, per prestare servizio alle dipendenze delle
famiglie nobili del Paese (Zorzi, Corradi, Rizzi, Lutterini, Cristanelli,
Conzatti e Parisi). La
comunità di Stenico voleva altresì dotarsi di un luogo di culto adeguato
all'importanza che il Paese rivestiva nell'ambito
giudicariese; infatti, pur
essendo sede del "Foro
Vicariale", in materia
religiosa dipendeva in tutto e per tutto dalla Chiesa pievana del Banale con
sede a Tavodo. Alla stessa doveva sottostare, chiedendo il relativo "placet",
per la celebrazione di battesimi, matrimoni e funerali. La costruzione di una
nuova Chiesa più imponente e prestigiosa sarebbe stata l'occasione per chiedere
con maggiore fermezza quella autonomia che la Pieve, sia per motivi legati al
suo prestigio, sia per interessi di carattere economico non aveva mai voluto
concedere. La distanza esistente tra
Stenico e Tavodo, specie durante la stagione invernale, impediva o comunque
ritardava notevolmente il regolare e puntuale esercizio dell' attività
religiosa, creava disagi tra la popolazione che doveva recarsi alla Pieve per
comunicare al parroco gli eventi ogni qualvolta vi fosse bisogno (nascite,
morti, e promesse di matrimonio); questo causava continui contrasti con la
Chiesa Madre.
Lavori di costruzione della Chiesa.
I
lavori di restauro ed ampliamento ebbero inizio nel corso dell'anno 1561.
L'opera intrapresa presentò grandi
difficoltà sia di carattere tecnico che economico finanziario. Il Paese si
trovava allora in una situazione di povertà endemica, fatte salve le poche
famiglie sopra accennate. In quel tempo non esisteva l'emigrazione e le sole
risorse provenivano da una povera agricoltura di montagna. I campi erano
coltivati a mezzadria, i braccianti percepivano un misero salario e gli
artigiani erano pagati per lo più con i prodotti della terra. Questa situazione
influì notevolmente sui tempi impiegati nell' opera di ricostruzione.
Innanzitutto si dovette asportare gran parte della terra del cimitero che
circondava la Chiesa ed all'interno del quale era collocata la Chiesetta di San
Rocco (trattavasi di una cappella che la comunità di Stenico
fece erigere nell'anno 1535 per adempiere ad un voto fatto a seguito
dell'epidemia di peste e dell'incendio del Paese verificatisi nell'anno 1528).
Per costruire la nuova abside si dovette altresì asportare il terreno degli orti
posti in loc."la Braida" situati a nord della Chiesa.
Nei primi anni i lavori di ricostruzione
procedettero abbastanza bene. Infatti nell'anno 1567, così come appare dalla
data segnata sul pilastro della finestra di sud est, erano già stati realizzati
i muri perimetrali e nell' anno 1570 ultimato l'Arco Santo. Successivamente però
vi fu un lungo periodo di stasi; probabilmente influirono negativamente sul
proseguimento dei lavori le epidemie degli anni 1575 e 1590. Un nuovo impulso,
affinché si potesse giungere con un ultimo sforzo al completamento dell'
edificio, fu dato, nel settembre dell'anno 1603, quando il principe Vescovo
Cardinale
Carlo Emanuele Madruzzo visitò Stenico e, trovata "la fabbrica" ancora
incompiuta, esortò la cittadinanza a prestarsi con maggior impegno nelle opere
manuali o con elargizioni in denaro. Le esortazioni del Vescovo non portarono a
risultati concreti e si dovette aspettare alla fine della primavera dell'anno
1612 (dal 7 maggio al7 giugno) quando i maestri muratori Giacomo Galvagni da
Cologna, Gabriele e Giacomo Bianchi da Brieno sul lago di Como, con l'ausilio di
numerosa manovalanza locale, realizzarono l'ampia volta a botte che copre la
navata. Nel frattempo erano stati eretti i nuovo altari:
-l'altare Maggiore,
dedicato al Patrono San Vigilio la cui pala
venne eseguita dal maestro
intagliatore Giacomo Casteller
nell'anno 1621;
-l'altare del Santissimo Rosario, posto a destra dell' entrata
principale,
oggetto di grande devozione popolare tanto che
venne istituita una Confraternita
legata a detto altare;
-l'altare di San Stefano, sul lato destro accanto al
presbiterio;
-l'altare di San
Carlo Borromeo, sul lato sinistro accanto al
presbiterio. A tale Santo
nell'anno 1614, a seguito di una
grave epidemia, la popolazione di Stenico si
affidò con un voto
affinchè la difendesse dalle infermità e promise di
festeggiarlo
il 4 novembre di ogni anno. Questo altare dall'anno 1906 è
dedicato a Sant'Antonio
da Padova.
-l'altare dedicato a Santa Barbara, a sinistra della porta
principale, venne
eretto dopo l'anno 1630 su iniziativa di Don
Aliprando Lutterini che ebbe la
nomina di primo curato di
Stenico negli anni dal 1616 al 1651). Tale curato,
essendo
sopravvissuto alla terribile epidemia di peste dell' anno 1630
che aveva
causato la morte di tre quarti della popolazione del
Paese di Stenico, volle
essere raffigurato nella pala
dell'altare accanto alla Santa. Nell'anno 1729
detto altare
venne dedicato alla Madonna Addolorata in occasione
dell'istituzione della Confraternita della Beata Maria Vergine
dei Sette Dolori.
L'altare venne successivamente impreziosito
con la collocazione di un pezzetto
di legno della Santissima
Croce di nostro Signor Gesù Cristo inviata da Roma
dal Padre
Carmelitano Scalzo Massimo Cristanelli di Stenico.
continua>>>
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